Celiachia: indizi già nei neonati?

In Italia si stima che, a fronte dei circa 180mila celiaci diagnosticati, ce ne siano altri 400mila, di cui 50mila bimbi, che ancora non sanno di esserlo.

In questi giorni, l’Istituto Norvegese di Salute Pubblica di Oslo ha sollevato un’ipotesi: le infezioni ricorrenti alle vie respiratorie o gastrointestinali da neonati potrebbero indicare una predisposizione alla celiachia.

 

Negli adulti la celiachia viene diagnosticata attraverso i test degli anticorpi e l’endoscopia, un esame invasivo con cui si preleva una parte di tessuto intestinale in modo da valutarne i danni: se i villi intestinali sono atrofici, viene confermata la patologia.

Spesso, però, a causa dei sintomi molto variabili, la diagnosi arriva tardi, magari dopo alcuni anni, compromettendo in modo serio la qualità di vita dei malati. Se non individuata e trattata tempestivamente, la celiachia espone la persona a rischi di salute non trascurabili, dall’osteoporosi alla malnutrizione con ritardo di crescita nei bambini, dall’infertilità nelle donne all’aumento del rischio di tumori intestinali.

 

È importante allora la diagnosi precoce, attraverso una individuazione delle categorie più a rischio. Per questo motivo, la notizia sullo studio condotto a Oslo è molto importante.

 

Nella ricerca in questione sono stati presi in considerazione oltre 73 mila bambini: i ricercatori hanno rilevato in quelli che avevano avuto almeno 10 infezioni respiratorie o gastrointestinali nei primi 18 mesi di vita, un rischio di diventare intolleranti al glutine superiore del 30% rispetto ai coetanei che si erano ammalati meno. In particolare, i bebè con problemi respiratori ricorrenti sembravano maggiormente predestinati a diventare celiaci.

Ma per il momento, in attesa di ulteriori conferme, si tratta solo di un campanello di allarme. La celiachia, sottolineano gli esperti, è determinata da una serie di fattori, primo fra tutti la predisposizione genetica, cui si aggiunge una componente ambientale e comportamentale.